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sabato 11 giugno 2011

Generazione matrimonio: ovvero come i disastri fanno aumentare la voglia di sposarsi.

In barba alle ultime statistiche che sembrano celebrare una caduta a picco delle unioni matrimoniali, non più tardi di qualche giorno fa discorrevo con una gentile fanciulla di 25 anni (capelli biondi e fluenti ed un sorriso sornione) di come sia davvero difficile sfoggiare un abito sempre diverso ad ognuno dei cinque matrimoni (sì, proprio così!) alla quale era stata invitata a vario titolo. In quella occasione mi è stato chiesto quale fosse il mio pensiero su come mai un numero sempre maggiore di giovani decidano oggi (in quell'oggi non preso in considerazione da quelle stesse statistiche) di convolare a nozze anche in tempi di crisi. Perchè anche in periodo di "vacche magre" i matrimoni tra persone giovani paiono non soffrire della flessione che attanaglia ogni altro settore del nostro vivere comune?
Ho una mia teoria in merito. Senza riaprire i libri di filosofia del liceo è facile capire come l'essere umano, di per sè, non ama stare solo, nè tantomeno affrontare contesti particolarmente problematici o circostanze sventurate, senza avere al proprio fianco un qualche sostegno fisico e morale. Ed ecco che, in tempi di crisi come i nostri, sono proprio le avversità più devastanti e i disastri più tremendi ad indurre le persone al matrimonio. 
La questione si pone però, a mio avviso, anche su un piano generazionale
Mentre i giovani della fascia di età 25-35 sembrano voler recuperare antichi valori ed una entusiastica voglia di mettersi in gioco insieme, per affrontare gioie ed avversità del futuro senza dubbio incerto, ma anche potenzialmente ricco di meravigliose sorprese tutte da vivere, le persone della fascia d'età più adulta sembrano invece maggiormente radicate ad un modello di vita assolutamente egocentrica, dove il fulcro non è "la coppia" ma solo se stessi. Ammetto che sia senz'altro molto più difficile dover modificare il proprio stile di vita una volta che si sia raggiunto, in maniera autonoma, un certo livello sociale, che comporta certamente anche un riconoscimento delle proprie capacità ed un'indipendenza psicologica ed economica alla quale si rinuncia mal volentieri. 
E' proprio questo il fulcro della faccenda. I "giovani" stanno riscoprendo la voglia di percorrere insieme la medesima strada, di incontrarsi (ma anche scontrarsi, perchè no) su terreno similare sempre fertile, dove si possa concedere qualcosa anche all'altro senza sentirsi minati nella propria egoistica individualità e soprattutto dove ci si possa permettere il lusso di poter avere paura del futuro perchè non si è da soli ad affrontare tutto e soprattutto perchè si parte dall'assunto che si è un "noi" e non soltanto un "io con te" (che forse ci sei e forse non ci sei a seconda dell'umore). 
A conferma di questo mio pensiero potrei citarvi un articolo del quotidiano Financial Times di questa settimana che rivela come le vendite di anelli di fidanzamento e di fedi nuziali sia più che raddoppiata negli ultimi tempi in Giappone, paese recentemente colpito dai flagelli di terremoto e tsumani. Ma certo non è l'unica fonte. Anche in passato, al tempo delle grandi finanziarie, le unioni matrimoniali pare aumentassero esponenzialmente con l'accentuarsi della recessione economica. 
Ecco la ragione per la quale sono fortemente convinta che, in anni particolarmente tumultuosi dal punto di vista delle catastrofi naturali o difficoltosi in àmbito socio-economico, le persone tendano a voler condividere il peso dell'esistenza con qualcuno. Qualcuno che, certamente, possa guardare nella stessa direzione.

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